Sangermani. A volte basta il nome per alimentare ricordi ed emozioni. Per gli appassionati di nautica questo nome è senza dubbio quello del cantiere ligure, capace di disegnare alcuni dei modelli che hanno fatto la storia della nautica, non solo italiana, sempre caratterizzati da linee in grado di coniugare funzionalità ed eleganza.
Ne è un perfetto esempio Scilla (ex Duchessa), la pilotina di 10,30 metri che il cantiere Sangermani ha costruito nel 1966 e che, dopo quindici anni trascorsi su un invaso, è tornata a nuova vita grazie al refitting seguito dall’architetto Tommaso Spadolini su richiesta del nuovo armatore, l’appassionato imprenditore Cesare D’Amico. Un rapporto, quello tra i due, nato oltre trent’anni fa e che ha dato vita alla realizzazione di quattro yacht da 19 a 48 metri e al refitting, lo scorso anno, di un Magnum 38 del 1978.
“A segnalarmi questa pilotina è stato mio figlio Salvatore – racconta Cesare D’Amico – Appena ho visto un Sangermani a motore ho capito che doveva essere nostro e nel febbraio 2021 l’abbiamo acquistato. Parlando con l’architetto Spadolini, prima ancora dell’inizio dei lavori, ci siamo trovati d’accordo su una cosa: dovevamo rispettare al massimo non solo il progetto originario, ma cercare di salvare quanto più possibile delle strutture e degli arredi di bordo”.
Con questo input in mente, quando Scilla è arrivata presso il cantiere Azzurra di Gaeta, Tommaso Spadolini e Ferdinando D’Urgolo, titolare del cantiere laziale dove si sarebbero svolti i lavori durati un anno, hanno portato a termine un vero e proprio censimento per catalogare ciò che era assolutamente intoccabile a bordo, che cosa poteva essere riparato e cosa sarebbero stati costretti a sostituire.
“L’alta qualità della costruzione originale Sangermani ci è apparsa subito evidente – spiega Tommaso Spadolini – Abbiamo riportato il tutto a fasciame e siamo dovuti intervenire solo in tre o quattro punti realizzando dei rinforzi e ripristinando il legno. Abbiamo poi optato per un trattamento wet-system esterno così da assicurare la massima impermeabilità e garantire una manutenzione più semplice in futuro”.
Osservando Scilla, lo sguardo cade subito sull’elegante bottazzo in corda originale degli anni ‘60 e sul disegno pronunciato della tuga. Nella sezione di prua è stata realizzata una cuscineria prendisole abbastanza stretta, proprio per evitare che la bolzonatura disturbi gli ospiti nei momenti di relax. Il rispetto degli elementi originali è reso evidente poi osservando la consolle di guida, dove a parte la manetta del gas, tutta la strumentazione è quella di sessant’anni fa. Il filtravetro, ovvero l’oblò presente nella sezione anteriore della finestratura in plexiglass, è stato smontato, ripulito in ogni suo elemento e rimontato. Il tutto è stato recuperato studiandolo fin nei minimi dettagli, come dimostrano i tientibene, i candelieri e persino i ganci per fissare il mezzo marinaio.
“In pozzetto, abbiamo dovuto ricostruire, sempre mantenendoci fedeli al progetto, i cassoni, aggiungendo dei pratici cuscini a C – continua Tommaso Spadolini – Con l’aggiunta di un tavolo, diventa una comoda area per il pranzo. In origine, inoltre, sotto alla seduta poppiera, si trovava una ghiacciaia per il pescato: l’abbiamo sostituita con un grande frigorifero. Per rendere il tutto ancora più accogliente, nei portacanne laterali incassati in coperta possono essere innestati due tubolari che sorreggono il tendalino, fissato con una zip alla sovrastruttura, così da riparare l’intero pozzetto”.
A poppa si è scelto di aggiungere una plancetta, non presente nel progetto iniziale pensato appositamente per la pesca, dotata di una pratica scaletta in acciaio per la risalita. Scendendo sottocoperta, si ha la sensazione di un vero e proprio viaggio nel tempo. Tutto il mogano originale, sia delle strutture sia del pagliolato, è stato recuperato, verniciato e lucidato. Persino i piani di formica del banco cucina sono quelli originali e gli interruttori in bronzo recano ancora la scritta “on-off”. Questa fedeltà alla tradizione non significa mancanza di modernità. L’impianto elettrico, per esempio è stato interamente rifatto e le prese 220V, oggi assolutamente necessarie, sono presenti ma… nascoste.
Tommaso Spadolini e Cesare D’Amico avrebbero anche voluto mantenere i motori DAF originali da 225 cavalli ciascuno, ma per motivi di praticità hanno optato per la loro sostituzione. “Abbiamo scelto due motori aspirati dell’azienda italiana AS Labruna perché non avevamo modo di installare propulsori con intercooler, riuscendo però a mantenere l’accoppiamento e la linea d’asse originale. Abbiamo così guadagnato peso, ma siamo riusciti a mantenere lo stesso baricentro. Coi vecchi motori, Scilla (allora Duchessa) raggiungeva i 14-15 nodi di velocità; oggi tocca i 24 nodi. E la barca, fedele ai progetti inglesi degli Anni 60, non sente minimamente il mare”.