Grazie alle novità fiscali introdotte nel settore della nautica, l’Italia torna ad accrescere il suo appeal nel panorama europeo. Semplificazioni in ambito amministrativo e fiscale, che potranno portare benefici importantissimi a tutto il comparto, sfruttando anche i cambiamenti – in senso opposto – dei Paesi competitor. Negli ultimi anni, infatti, la Francia ha creato una normativa che penalizza, sotto il profilo previdenziale, gli equipaggi stranieri degli yacht, la Croazia ha aumentato da una fino a otto volte (in base alle dimensioni delle unità) la tassa d’ingresso nel Paese, mentre la Spagna applica una corporate tax sui contratti di charter nautico.
Per contro, l’Italia, con la riforma del Codice, ha statuito la rimozione dei limiti per l’iscrizione al Registro internazionale che, per i commercial yacht comporta significativi vantaggi fiscali, e l’introduzione di documenti semplificati per le navi e gli equipaggi. È stata ideata, poi, una Camera internazionale arbitrale del mare e della nautica, studiata per la risoluzione delle controversie legali e tecniche di ogni rapporto inerente alla nautica. Inoltre una recentissima circolare dell’Agenzia delle entrate (la 6/e) ha fatto chiarezza sulle esenzioni Iva per le unità commerciali adibite alla navigazione in alto mare.
Sotto il profilo fiscale, le nuove regole sono state raccolte da Ucina, e presentate a Düsseldorf, nella guida Italy, tax & yachting (prima edizione inglese dell’italiana Nautica & fisco, edita in collaborazione con le Entrate). Tra gli elementi positivi, ci sono le nuove disposizioni sui bunkeraggi di unità da diporto, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie; la conferma dell’applicazione dell’Iva al 10% sugli ormeggi per i periodi inferiori all’anno e la flat tax (100mila euro l’anno di tassazione, indipendentemente dal reddito prodotto) prevista per i cittadini stranieri che si stabiliscono fiscalmente in Italia.
Una notevole boccata d’ossigeno, dopo la legge Monti che nel 2011 aveva istituito la tassa sul possesso dello yacht (poi abolita), con la fuga all’estero di circa 40mila unità da diporto (di proprietà italiana e straniera) che prima stazionavano nei porti tricolori. Solo nel 2016 (lo testimoniano i dati della Nautica in cifre 2017), il fatturato del settore è cresciuto del 18,6% rispetto all’anno precedente ed è tornato intorno al valore pre-crisi di 3,44 miliardi.