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Confitarma chiede al Governo agenda condivisa sulle priorità del mare

Delineare un’agenda condivisa delle priorità del mare. questa l’istanza che Mario Mattioli ha rivolto al Governo, rappresentato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dai ministri Paola De Micheli e Sergio Costa, nonché dal sottosegretario di Stato Manlio di Stefano, intervenuti all’assemblea annuale della Confederazione Italiana Armatori, svoltasi a Roma presso l’auditorium della tecnica-Confindustria.

Mattioli nella sua relazione ha ricordato che la flotta italiana rappresenta un “marchio di qualità” internazionalmente riconosciuto. Un punto di forza del “Sistema Paese” che si fonda su qualità dei servizi, tutela del lavoro marittimo e sicurezza delle persone, delle merci e dell’ambiente marino e che l’economia del mare si rafforza quale frontiera economica mondiale: “L’industria marittima è capace di stimolare sviluppo, occupazione qualificata e innovazione; è una risorsa indispensabile, anzi insostituibile, per l’economia mondiale, per fronteggiare con successo e in modo unitario le sfide globali dei prossimi decenni”. In Italia il cluster marittimo vale 32 miliardi di euro, la Blue Economy allargata (considerando anche sport, energia e turismo) ha un valore stimato di 130 miliardi. Se il Paese saprà attivarne il potenziale ancora inespresso, si creeranno ulteriori ingenti risorse. “Proprio per questo, abbiamo immaginato l’assemblea come un invito a considerare il mare e la terra un unico ‘ambiente di sviluppo integrato’.

“Dobbiamo riuscire a congiungere le Alpi e il mare in un’unica prospettiva virtuosa ed è per questo che abbiamo più volte chiesto un’Amministrazione dedicata alle politiche marittime, ma continuiamo a rivolgerci ancora ad almeno otto Dicasteri”. Dopo l’analisi delle problematiche marittime che quotidianamente vedono lo shipping italiano confrontarsi con tanti Ministeri, concludendo il presidente Mattioli ha affermato che “oggi la competizione si è spostata nel quadro europeo, dove le condizioni di registrazione delle navi sono ormai praticamente equivalenti. Pertanto, la scelta della bandiera è determinata dalle condizioni del Sistema Paese. E il nostro sembra soffrire di quella che viene definita ‘Sea blindness’, l’incapacità di riconoscere il ruolo centrale dell’economia del mare per la nostra vita di ogni giorno. Ed ecco il punto: siamo un Paese davvero marittimo? Siamo una nazione shipping friendly? Abbiamo il coraggio di dedicare alle politiche marittime una governance unitaria? Io spero vivamente di sì”.